L’Autorità Garante con provvedimento dell’11 aprile 2024 ha sanzionato il Comune di Madignano per non aver rispettato, in qualità di datore di lavoro, quanto prescritto dalla normativa di settore in tema di videosorveglianza.
L’illiceità del trattamento è stata accertata a seguito della segnalazione da parte di una dipendente del Comune, che lamentava l’installazione della videosorveglianza in prossimità dei sistemi di rilevazione delle presenze e in assenza di un accordo sindacale, nonché l’impiego di tale sistema per l’effettuazione di contestazioni disciplinari a suo carico, in ordine al mancato rispetto dell’orario di lavoro.
L’Autorità ha, in primo luogo, rilevato l’applicabilità al caso di specie dell’art. 4, primo comma, della L. 300 del 1970 (il quale prevede che gli strumenti dai quali derivi anche la possibilità di un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possano essere impiegati solo per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, previo accordo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza, previa autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro), in quanto l’impianto di videosorveglianza era stato installato per esigenze di tutela del patrimonio aziendale e di tutela della sicurezza dei lavoratori, sul presupposto che in passato si era verificata un’aggressione ai danni di un’assistente sociale e di un assessore.
Dopo aver chiarito il contesto di riferimento l’Autorità ha richiamato la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (caso Antovic e Mirkovic v. Montenegro, Application n. 70838/13 del 28 novembre 2017), secondo la quale la videosorveglianza nei contesti lavorativi, tanto privati quanto pubblici, può essere giustificata solo nel rispetto delle garanzie previste dalla legge nazionale applicabile, in mancanza delle quali costituisce un’interferenza illecita nella vita privata del dipendente, ai sensi dell’art. 8, par. 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
L’Autorità ha, pertanto, rilevato che il rispetto del citato art. 4, primo comma, della Legge 300 del 1970, anche per effetto del rinvio ad esso contenuto nell’art. 114 del D. Lgs. 196 del 2003 (c.d. Codice Privacy), costituisce condizione di liceità del trattamento dei dati personali.
Ciò premesso, nel corso del procedimento l’Autorità ha accertato che il trattamento dei dati personali tramite il sistema di videosorveglianza era stato posto in essere in assenza di un accordo con le organizzazioni sindacali o di un’autorizzazione concessa dall’Ispettorato del Lavoro (l’autorizzazione risultava infatti solo successivo alle circostanze contestate), pertanto, in violazione del citato art. 4.
Inoltre, l’Autorità ha rilevato la mancanza di un’idonea informativa sul trattamento dei dati personali contenente tutti gli elementi di cui all’art. 13 del Regolamento UE 2016/679.
Da tali circostanze discendeva anche l’illiceità del trattamento dei dati, raccolti tramite l’impianto di videosorveglianza, nell’ambito del procedimento disciplinare avviato nei confronti della segnalante.
Per quanto sopra esposto l’Autorità ha rilevato l’illiceità del trattamento e ha ingiunto al Comune il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 3.000,00.